Prima di iniziare a dare del mio volevo andare incontro ad Elisa ed a un altro paio di persone che mi hanno chiesto delucidazioni su eccomi qui. Diciamocelo, non è che ci sia molto da spiegare, mi sembra molto lineare come canzone, fra l’altro non ho scelto termini particolari o metafore di chissà quale tipo, ho pensato che un linguaggio semplice potesse darle maggiore risalto e anche una facilità di adattamento alla vita di tutti.
Eccomi qui è, secondo la struttura che ho stilato a tavolino, il tredicesimo ed ultimo pezzo di un album a tema. Il più conosciuto nel genere, è forse “Questo piccolo grande amore”, disco che narra le vicende createsi di una coppia al loro primo amore, conosciutasi ad una manifestazione popolare e che si perde subito dopo che lui parte per il militare e con lui alla prima licenza, che scopre lei con un altro a Porta Portese.
L’idea quindi di questo album che sto scrivendo con l’aiuto di buonissimi musicisti e compositori, parte proprio dal voler snodare una trama univoca. Tutto partirà dalla casualità del loro incontro, per poi proseguire nella nascita del sentimento, ancora nelle giornate a desiderarsi e poi aversi, ai primi problemi, agli sfoghi con un amico, alle giornate da soli, fino ad arrivare all’addio e alla nostalgia ed al rimpianto che si prova alla fine del sentimento. Chiaramente ogni canzone è estrapolabile dal concept, quindi non è che se non si sentono quelle prima o quelle dopo, non si capisce il senso.
Eccomi qui, appunto ne è un esempio e come detto è l’ultima traccia. È l’incapacità di voler (e non poter) accettare che qualcosa di così grande possa essere finito. Eccomi qui è il confronto a posteriori che in alcune storie viene a mancare, il momento delle recriminazioni, della ricerca di risposte e di domande che non sono state date o poste quando ci si è lasciati. È anche un chiarimento o una speranza, perché c’è chi tornerebbe indietro o chi vuole solo andare avanti. Siamo banali in un certo senso quando finisce un amore. I motivi sono spesso i soliti. È un processo dovuto alla fine di qualcosa che ci ha impegnati emotivamente così tanto.
Vi mentirei se vi dicessi che non sono felice di aver scritto determinate frasi. Quando ascoltiamo una canzone di qualcuno, proviamo a trovare quante più analogie possibili per farla nostra, ma quando una canzone la scrivi tu… è tua. Sei tu. Quindi ogni frase è un po’ di me, di tanti me, di ieri e di oggi, davanti alla mia stessa posizione in quel momento della vita e fosse un romanzo la immaginerei così.

Il cancello, il portone e sotto lei e i suoi occhi bassi incapaci di incrociare prendere la stessa linea. C’è un muro, invisibile, di null a tenerli distanti, non ci sono più legami, se non quelli dei rimpianti. Lui ha bisogno di affrontarla, per uscirne, per archiviarla, anche se in qualche parte del cuore spera di riaverla, che il tempo possa tornare indietro. Lei forse non voleva quell’incontro, ma lui si, non vuole riperderla e se dovesse accadere, avrebbe comunque affrontato i suoi fantasmi. Lei è uscita dalla sua vita così, per lasciare un segno indelebile, qualcosa che forse domani non farà male, ma che è cicatrice, è  uscita di scena mentre tutto già perdeva colore, dove l’amore aveva le tinte sfocate. Lui pensa alle risate insieme, quando il tempo non sembrava mai abbastanza ed è come se lei fosse colpevole per avergli strappato quell’allegria, quel benessere comune. Si domanda cosa abbia fatto in quei giorni distanti, quando le preghiere non erano a Dio, ma a lei, perché tornasse, perché faceva male, perché rivoleva quella sensazione di eterno che insieme, solamente insieme avvertivano.
E poi domande, il perché di quella scelta, perché buttare quel amore così grande, costruito passo dopo passo, il perché dei cambiamenti, dipesi da chi, da cosa, rendendosi conto che la distanza non cancella l’urgenza, il sentimento che prova. Lei non accenna risposta, nascosta in altri pensieri, pensieri che non esprime, pensieri che trattiene. e sa perché lui è li, sa tutto quello che dovrebbe dirle da tanto, perché lui non aveva mai accettato quella richiesta di silenzio, un ricatto, lo aveva vissuto come un ricatto, un ricatto in cambio di una speranza e quindi una privazione.
E poi la domanda che più lo affliggeva, le chiede quando ha smesso di pensare ad un noi a quel noi che è diventato un io e te, due singole metà di un qualcosa che noi si incastra più.
Ancora le chiede cosa abbia fatto mentre lui viveva la propria solitudine, un mondo diametralmente opposto a quello che vivevano insieme e si ricorda le notte a guardare un cielo così vuoto utile sola ricordare i loro momenti e se c’erano, non si accorgeva nemmeno delle stelle.
Potrebbe, certo, fare ancora tanto, forse cambiare delle cose, ma tutto rimane nei vorrei, nei desideri non concretizzati. L’addio gli brucia dentro, come la sua assenza, vorrebbe solo una speranza, piccola, infinitesimale, quel tanto che gli consentisse ancora di respirare, ma non c’è, non può esserci, non nel momento almeno e un breve flash, gli porta alla mente il ricordo di lei in mezzo ad altre persone, non più con lui, quando lui respirava ancora lei, lei che già indossava un altro noi. Con chi era? Cosa non farebbe, darebbe per tornare al loro passato. La richiesta disperata di tornare a ieri.
E ancora lui, che vuole stringerla, sentire il calore di quel abbraccio, l’odore di lei, consuetudine dei loro giorni felici. Chissà se anche lei si ricorda di quella sera, quando erano protagonisti assoluti delle loro vite, che si incrociavano perfettamente, il mare, il cielo scuro, le risate sulla riva e la timidezza di quei primi momenti. Non smetterà di amarla, no, perché gli amori non finiscono mai veramente e continuano ad esistere nella memoria di chi li ha vissuti. Per sempre.

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2 thoughts on “Eccomi qui romanzata.

  1. Dovresti fare davvero lo scrittore!Hai un modo di esprimerti assolutamente superiore alla media..:)

    Ho immaginato quella scena al portone..

    Un bacio.. Sery

    P.S. non sono Elisa, ma Serena.. Mi sa che hai sbagliato a scrivere 😛

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