i pensieri trattenuti, le riflessioni covate, gli sguardi controllati, i sorrisi glissati e tutti fanno finta che non influiscano davvero. Prendono dal cassetto dell’occorrenza una bella maschera quotidiana, la indossano con cura perché nulla trapeli e iniziano la loro recita – non con loro stessi, dentro lo sanno – che tutto è come vogliono, tutto è come desiderano. Ne ho sentite tante in questi giorni, forse troppe, discorsi al limite del surreale. Al che mi sono chiesto se non farei bene pure io a rimetterne una su, adeguarmi allo standard delle apparenze. Non mi sento migliore o peggiore di altri, solo che non ho avuro più bisogno di farlo, da quando ho fatto pace con me stesso, anni fa, con la mia realtà, con la mia crescita e le mie evoluzioni. Mi sono piovute contro parole dure di persone che non mi conoscono o conoscono marginalmente, semplicemente perché non abbastanza capaci di prendere la loro vita in mano e abili per lo più a piangersi addosso, eppure sono ancora qui, convinto di avere soltanto una cosa da fare: vivere al meglio delle possibilità che posso crearmi. Ho imparato a comprendere che quello che abbiamo dipende da noi, non dalle circostanze che abbiamo intorno, perché anche queste possiamo sceglierle o possiamo modificarle; ho imparato che imputare gli altri dei nostri stati d’animo, rende gli altri più importanti di noi. Ho imparato che tutto dipende dal nostro sentire, ogni contesto ha un ovvio rovescio della medaglia. Potrebbe sembrare un discorso egoistico, anche banale, retorico, ma non lo è. Pochissimi ci fanno attenzione. Parte tutto da noi. Se noi stiamo bene, se ci sentiamo appagati da quello che realizziamo, perché mai dovremmo invidiare qualcosa ad un altro?
E’ tutto qui.
Siamo ad un passo dalla festa consumistica per eccellenza, abbiamo tutti – e dico tutti – avuto delle mancanze verso qualcuno, ma crediamo di aver ricevuto delle ingiustizie, dei torti e allora, per questo Natale, invece di arricchire i soliti, facciamoci un vero regalo, impariamo a volerci bene sul serio, migliorarci, sarà più facile stare al mondo e non puntare il dito. Che quando poi – e lo sapete – arriva il momento di infilarsi a letto e chiudere gli occhi in attesa di qualche sogno, c’è sempre un dolore da dover sanare, come un rumore da dover zittire e non è il caso di incrementarlo, anzi.
Anche tu sai a quale dolore mi riferisco, vero?

Fai la tua scelta.

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2 thoughts on “Le parole non dette,

  1. Buongiornio Gianni,
    è un po’ che non ci sentiamo, ma l’apparizione di non conta mi irritava e ho aspettato che la smettesse di inserirsi..
    Sai cosa credo? Credo che sia più comodo mettersi una maschera anziché prendersi la responsabilità di ammettere quello che siamo, i vuoti che abbiamo e tutte le lacune che ci portiamo dietro..
    Hai ragione però, perché comprendere il nostro valore e amarci individualmente, è da sempre il modo migliore per avere un reale ritorno..
    Ti auguro un buon inizio settimana!

  2. Ciao Sabrina,
    eh si’, e’ un po’ che non ci sentiamo 🙂 nonconta sicuramente e’ presente, non posso piu verificare come un tempo, ma evidentemente aspetta il momento opportuno per manifestarsi (questi spiriti maligni ^^).
    In realta’ penso che avere coscienza di se’, consocere limiti e proporsi evoluzioni costruttive per raggiungere le proprie mete, sia alla base per stare bene con se stessi. Troppe, troppe persone si adagiano, ho avuto una settimana “terrificante” sotto questo aspetto, quante ne succedono e quante se ne sentono.
    Buona settimana pure a te 🙂

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