Avessi potuto avrei afferrato la notte.Carpirne la consistenza, sentirla sulle mani, portarla al viso e subirne l’odore. Estrapolarne la calma, lasciare al giorno le corse i pensieri e le attese. Perché sono tante, perché paralizzano e non  lasciano respirare. Strappargli via qualche stella, lanciarla al cielo ed esprimere un desiderio che non si avvererà per la sola fortuna che a volte ci accompagna, ma che invece chiederà impegno, costanza e coraggio. E poi accendersi una sigaretta, passeggiare le strade scure nei mormorii appena accennati da dietro le persiane chiuse. Spegnere il cellulare e proseguire sul lungomare ad ascoltare il suono del mare di risacca. Prendere un pennarello ed imbrattare i muri per fotografare il presente. Dedicare una frase ad ogni donna che ho amato e ad ogni donna che ho detestato. Piazzarsi al centro della strada e urlare o semplicemente cantare i brani con gli incisi più alti. Fino a rimanere in silenzio, in una serenità ritrovata, di pugni non più tesi e rigidi, ma di mani slegate che percorrono i fianchi. Sorridere, perché è già domani e quali che siano gli avvenimenti, c’è un’altra pagina da scrivere: la migliore.
(Gianni D’Ambra – 13 Agosto 2008)

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