E’ la non serenità la compagna

fedele del momento, la malinconia bella che si incastra con il mio vivere questo nuovo tempo.
La commessa del negozio si è arresa al suo gioco dei nomi, mi sorride e il suo guardarmi con il viso un po’ di traverso, mi fa rendere conto di come si senta in stallo non sapendo a cosa appigliarsi per uscirne. “E’ la vita che accade” le dico in una smorfia simpatica. “D’altronde tu mi tralasci e io sono costretto ad andare a Roma per  non soppesare la tua assenza”. Ride di gusto, divertita dal mio modo di fare noncurante del resto. Si gira poi, mi porge il sacchetto con dentro la maglia appena acquistata e mi chiede se Lunedì in mattinata quando ritornerò dal weekend, passerò a salutarla. “Lunedì quando torno, sarà troppo tardi per rivederci, che ci vuoi fare, dovevamo sposarci subito”. Scoppiamo a ridere e superiamo la mia inscenata. Ma non tornerei mai in quel negozio per lei. Era solo un bisogno personale di soprassedere sul resto e di regalarmi e regalare sorrisi.
E questa pioggia cade fitta sul balcone in bella mostra dalla finestra spalancata. Mi riporta alla mente una mattina di una decina di giorni fa, quando per consegnare dei fiori, ero zuppo d’acqua fino al midollo. Scaccio il pensiero e mi dedico ad altro.
La valigia quasi pronta, lascia già pregustare il sapore della partenza. Saranno giorni particolari, sapere che ciò che cerco sarà ad un passo, ma allo stesso tempo per la mia incolumità personale non potrò regalarmi il diritto di desiderare. L’accettazione di questa nuova condizione di vita, coadiuvata dalla presenza continua di persone che mi sono accanto proprio per superare lo scalino di questo nuovo passo, mi aiuteranno a far si che i pensieri più tristi scivolino via in fretta.
La mano in tasca, i soldi spicci che rumoreggiano fra le dita “chissà quanti sono”, domanda impossibile, valuto le possibilità, le somme mi passano in mente veloci “se indovino, lei mi ama ancora, se sbaglio non ci penso più”. Mi distraggo, è una scommessa stupida ne sono cosciente, ma qualche volta, quando tutte le risorse che hai sembrano non bastare, ti affidi al caso, alla fortuna, a Dio. Il cellulare mi distoglie dai pensieri e mi avvisa di un nuovo messaggio, lo prendo dalla giacca e un po’ ci spero, ma è Camilla, che con il suo nuovo modo di porsi mi strappa costantemente sorrisi.
Poso il cellulare sull’armadietto basso che mi fa da libreria. Mi accorgo solo ora che la sua foto non è più in piedi, magari è successo proprio venerdì, quando la mattina ho lasciato le finestre aperte prima di uscire di casa per far cambiare aria. Girarla, renderebbe più nitido il peso dell’assenza che ha lasciato, ci penso su qualche istante, poi alzandola la tengo in mano e l’osservo a fondo. Mi tornano in mente i particolari di alcuni espressioni, lo stomaco si arrotola e la ripongo al suo posto.
E’ che il sogno di questa notte ha avuto il suo peso. Non solo per l’ambiente molto simile a come lo desideravamo, ma quanto alle espressioni e alle frasi che ricordo ci siamo scambiati.
Soprassiedo anche in questa occasione. Metto in ordine la stanza a soqquadro dai miei modi serali, un po’ di musica in sottofondo. La teoria degli gnomi o dei folletti non è più valida, sono consapevole di essere io l’artefice di quel che mi trovo davanti ogni giorno. Però non me la prendo troppo, sono anche molto in gamba a tirare su le maniche e ad impiegare olio di gomito. Linda mi chiama e mi racconta del suo ultimo disastro (senza ansie, sapevo che non era lei, ha una suoneria personale), la conforto un po’, sono scelte troppo personali e cuore e ragione difficilmente vanno d’accordo. Cerco di rincuorarla il più possibile, ma questa volta l’ha fatta troppo grossa ed è impossibile metterci una pezza.
La risaluto, sospendo le pulizie e mi collego in internet, so che non è on line o quantomeno che da quel giorno ha bloccato anche lei il mio contatto, allo stesso modo so che non mi ha inviato nessuna mail, ma è una dolce malinconia, è la speranza che non vuole mai arrendersi. In qualche modo mi fa pensare che non siamo poi così distanti.
Anche se allo stesso tempo, internet è stato uno dei motivi principali delle nostre incomprensioni.
Finisco di riordinare, un MMS di Michela, tanti baci per me. E per caso mi riviene in mente quanto di bello mi ha detto Federica oggi, tenera. Mi cambio, poso via gli abiti di lavoro che mi fanno sembrare così serio durante le ore in ufficio. Per me è sempre stato come l’essere un po’ Clark Kant e Superman.
Anche se la mia vita in questo presente si avvicina molto più a delle puntate intense di Dawson’s Creek che ad altro.
Decido per l’andare a mangiare.
Prendo gli spicci dai pantaloni del vestito, chiudo gli occhi, ci penso un attimo. Li conto. Sorrido.

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