Ho detto e scritto tanto sull’amore,

sulle sensazioni che si avvertono, sull’esigenza che crea, sulla dipendenza, sulla differenza che possa fare, sui limiti che ci permette di superare e per quanto raccontino della vita immaginaria – eppure plausibile – di diversi personaggi, anche i miei primi due libri sono stati dedicati al sentimento per antonomasia.
L’anamnesi per chi mi conosce da vicino è piuttosto chiara: sono stato tante volte innamorato dell’amore anziché di chi ho avuto la fortuna di avere accanto.
Le ragioni? Una moltitudine.
Poi le evoluzioni di evoluzioni e le prese di coscienza, la comprensione del sé, di quell’io che non è ego, bensì la parte di te che più di altre hai sempre messo a tacere, il bambino dentro che piangendo non chiedeva altro che un po’ di ascolto.
Da solo non ci riuscivo però.
Avevo bisogno che arrivassi tu.
E se il centro di Roma è un po’ la nostra casa, se certi sguardi e certi abbracci e contatti sono da rubare il fiato, ogni gesto trattenuto che oggi ci imponiamo è il motivo per il quale io ho finito per ascoltare quel lamento.
Il pianto era diventato un rantolo.
Seduto su me stesso, nell’angolo di quel vecchio porticciolo fronte mare, ho passato le mie ore più grigie e forse le più vere.
Tutto ad un tratto le domande si erano dissolte lasciando spazio alle risposte.
Avrei voluto scriverti quel giorno e chiederti di raggiungermi, di venire a cogliere come il solito cielo fosse così diverso, come quella costruzione abbandonata al tempo esprimesse lo stesso un fascino inestimabile.
Avrei voluto chiederti di parlarmi di te, senza interruzioni, soltanto per il piacere di ascoltarti, per ascoltare il suono della tua voce in quei consueti cambi tonali, per il movimento asimmetrico che le tue labbra assumono durante il tuo sciorinare, per le emozioni che riesci a trasmettere, per quell’alchimia tipica che condividiamo quando non ci sono schermi a contrapporsi.
E infine chiederti di chiudere gli occhi, posarci le mani sul viso per nasconderci dal mondo.
Perché io non sono innamorato di te, davvero.
Mentirei affermandolo.
Perché quel che sento, le prove che affronto quotidianamente, le mie consapevolezze attuali, vanno ben oltre l’elementare senso di innamoramento.
È uno stadio addirittura superiore.
Amarti e desiderarti è stata davvero la partenza di quello che oggi provo, di come è cresciuta e maturata l’irrefrenabile esigenza di te.
Ed è per questo che certi bocconi amari riescono ad andare comunque giù.
Ed è per questo che apprezzo ogni micro cosa che fai per noi, anche quello che pensi non veda.
Poi aveva fatto buio e il freddo si era rafforzato: il telefono ignorato aveva lagnato la sua presenza. Indifferente non avevo risposto e blandamente ero rientrato cercandoti ancora, pur sapendo di non poterti trovare.
A volte sono costretto a cercarti soltanto dentro.
E dentro ti trovo. Sempre.

Solita confusione pomeridiana di metro.
«Tieniti, così mi attacco a te.» suggerisce lei.
Mattia sorride e sente le braccia stringerlo sotto il cappotto, cercare con le mani la schiena.
Si piega col viso contro il suo.
«Tu sei i miei sentimenti veri.» mormora lui e la voce meccanica nella carrozza annuncia la fermata per Barberini.
(Gianni D’Ambra – Siamo proprio io e te)

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6 thoughts on “Ho detto e scritto tanto sull’amore,

  1. ciao gianni!:)
    ho riletto tre volte il post…ci sono alcuni passaggi assurdi… ma sono caduta sulla tastiera dove hai scritto.. “E infine chiederti di chiudere gli occhi, posarci le mani sul viso per nasconderci dal mondo.” è pazzesco!!!!!!!!!:):):) mi hai fatto commuovere come una scema! ma quanto la ami!?:):)
    ora voglio leggere pure siamo sempre io e te! sbrigati!:)
    un abbraccio grande grande!:)

  2. Ciao Ale,
    provvederò con una confezione di Kleenex! Prenditela con lei ^^
    Mi sembra che quel che riesce a tirarmi fuori sia eloquente…
    Lo leggerai, abbi fede, sto avanti con la stesura, prossimo anno sarà nelle tue mani!:-)
    Un abbraccio enorme a te!

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