Ci si sofferma davanti alle porte chiuse o giusto appena accostate

perché è più semplice, perché si vive spesso di nostalgie retroattive, perché si ha timore di scoprire cosa può esserci dietro le altre, perché i dubbi attanagliano, perché si è persuasi che possa essere soltanto oltre quell’uscio il motivo della nostra felicità. Potrei aggiungere milioni di altre motivazioni, non cambierebbe la sostanza.
È soltanto un inganno, ce lo serviamo bene però e non si sta nemmeno troppo comodi a dirla tutta: restare in quell’apnea emotiva – spesso – è poco confortevole, si ha sempre la sensazione che manchi qualcosa, che attraversarla di nuovo non porti indietro tutto il bello della costruzione immaginaria di quanto si crede, che le illusioni possano cadere e ferirci il doppio.
Alcune volte mi è successo di trovarmi proprio in quel punto. Decine di porte davanti eppure ero lì, immobile e confuso e con lo sguardo fisso su quella maniglia, su quell’ultima che si era chiusa o che si stava chiudendo, senza poterla afferrare. Poi ho scoperto come funziona il gioco. Ho scoperto che non finisce nulla quando sentiamo il rumore tipico di chiusura. Ho scoperto che ogni volta ci troviamo davanti ad un nuovo inizio, ad una nuova tappa del viaggio, ad un altro scalino da salire, o forse, di fronte ad un altro ostacolo superato.
Ecco allora che le notti più tristi non hanno motivo di sussistere, le nostalgie hanno meno forza implosiva, le paure sono prive di consistenza, il dolore non fa male: perché presto o tardi ogni condizione è destinata a mutare.
Essenzialmente, non vi è continuità in nulla. Nel bene e nel male. Gli attimi che stringono il cuore e quelli che lo martellano, cessano. Sia che lo vogliamo e sia che non lo vogliamo. Possiamo negarci di andare avanti ramificando quelle fantasie, oppure decidere di provare. Lo capisco, certo, non è facile come scriverlo, molto gira intorno all’amore, tanti dei nostri umori gli passano attraverso, ma difficilmente l’amore è per sempre, è spesso un’infatuazione breve, un’idealizzazione, è come una sbornia e come tutte le sbornie lascia spossati quando il tempo scade.
Tra lo sperare che il passato tornando abbia maggiore peso di un futuro nuovo, che un’attesa diventi tutto quello che ci resta, beh, nell’intanto credo abbia più senso andare avanti e scoprire cosa nascondono quelle porte, andare a curiosare in altre vite, in altri umori, in altre sensazioni.

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2 thoughts on “Ci si sofferma davanti alle porte chiuse o giusto appena accostate

  1. Certe volte, non solo per amor proprio o per ragione di dover sempre guardare avanti, è meglio che quelle poche chiuse o che si stanno chiudendo, rimangano così o termino quello che ci si era ripromessi di finire. E’ meglio per il semplice fatto che ci ha bisogno, si necessità di aver il ricordo di quel che è stato, così come lo si è vissuto e amato. E’ meglio perché il tempo crea brutti scherzi, perché il passato è il ricordo fotografico ed il presente, la sua proiezione immaginaria.

  2. Credo poi che le cose vadano viste con lucidità oggettiva: un tempo di distacco – in alcune condizioni – palesa la veridicità di una proiezione, è rischio, è paura, è tutto, è niente. Vale il discorso che se non provi, non puoi sapere.

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