gli occhi abbottonati e le chiacchiere con un’amica storica. Parliamo di persone, di situazioni che sembrano invalidanti soltanto per chi le vive. A Tor di Valle ne giro una, per poi scendere a Magliana salutando. Fumo e mi specchio nelle facce assonnate che compongono la banchina.
Tutti in forma la mattina, eh?
Qualunque sia la condizione, qualunque sia la sensazione, non sarai mai né il primo e né l’ultimo ad affrontarle. Ogni cosa è già stata vista, sentita, provata. Quell’amore andato a male, quel figlio che non hai avuto, quell’amico che hai deluso, quel lavoro che hai perduto, quella vittoria che hai ottenuto, quel successo insperato, quell’allegria che ti scuote fin dentro al midollo. Eppure, credi che nessuno potrà mai capirti, nell’unicità del tuo essere come sei.
Irrimediabilmente presuntuosi.
Perché poi mentiamo, nell’abduzione tipica – e tutto sommato inutile – del voler apparire migliori. Di chi o di cosa e per chi e per cosa, poi, potete stabilirlo voi.
L’amico perfetto, il compagno perfetto, il figlio perfetto, il genitore perfetto, lo studente perfetto.
Dai, vieni qui, sul pulpito si sta stretti, ma ci si sta tutti.
Sarebbe ora di smetterla con le facciate e togliere le maschere d’occasione, perché c’è sempre qualcuno migliore e qualcun altro peggiore, la gara non è verso gli altri, ma verso se stessi, nella volontà di saper ottenere quanto si desidera.
Parliamo di progetti, di realizzazioni, sogni, di un futuro fatto in un certo modo, ma le cose non avvengano da sole – difficilmente perlomeno – come se per chissà per quale ragione mistica prima o poi il biglietto della lotteria si materializza fra le nostre mani.
Non funziona così, nemmeno nei film ormai.
Mi dispiace disilludervi, ma senza compiere passi reali – e qualche volta ne basterebbero veramente di minimi – difficilmente si avvia un percorso.
Cosa aspetti?
Il gioco è capire il gioco.
Se un certo atteggiamento – reiterato – non porta ad un determinato obiettivo, allora sarà il caso di cambiare, no?
Credo nella responsabilità personale. Bisogna sapere quello che si sta facendo e perché lo si sta facendo e se poi – succede – si sbaglia qualcosa, allora, si porrà rimedio, perché se non scorgi la differenza fra il prima e il dopo, vuol dire che non hai capito cos’è successo.
Chi si convince che il bene che si può avere dipenda dall’esterno, ha perso in partenza.
Poi sono arrivato a Repubblica, piazza madre di tante situazioni personali che potrei raccontarvi per ore. Un caffè e una giornata intera da intavolare, con i pro e i contro che offrirà, conscio dei miei successi così come dei miei sbagli, di un passato che non mi interessa nemmeno più modificare: quello che sono, quello che succede è da adesso in poi e mai da adesso a prima.
Buona proseguimento.

Ognuno di noi ha i suoi inferni, si sa. Ma io ero in testa, di tre lunghezze sugli inseguitori
(Charles Bukowski – Storie di ordinaria follia)

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4 thoughts on “Una fermata e poi un’altra,

  1. Quante volte ne abbiamo parlato?lo sai che sono un’accanita sostenitrice di the secret!;) è più facile guardare gli altri,perchè uno dovrebbe prendersi delle responsabilità se qualcun altro può farlo per lui? sei proprio un’ottimista!:D

  2. Come perche’? Perche’ cosi’ sei consapevole che quanto raggiungi, cosi’ cosi’ come cio’ che sbagli, dipende esclusivamente da te.
    N.B. Comprati The Power XD

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