un posporre a volte necessario. Più semplice farsi inghiottire da una routine incessante e che picchia forte ai fianchi come ci si trovasse alle corde di un ring, che non soffermarsi e soppesare, valutare, analizzare. Presto o tardi però, la campanella suona, il tuo angolo ti chiama, non puoi evitarlo e prima che parta il round successivo, arriva il momento dei bilanci: “come sto andando?”
Ogni tanto vorrei sapere se ci pensi e che cosa pensi, se hai stimato le varie ed eventuali e se, le possibili considerazioni che fai, ti portano da qualche parte. Se in caso ti aspetti qualcosa o addirittura lo pretendi, se credi di avere la capacità di strapparmi dalle mie eterne riflessioni sul tutto e sul niente, utili – unicamente – a farmi assaporare la vita con quella fame atavica che ho di spolparla fino alle ossa. Perché non sono capace nemmeno a lasciare le briciole, perché quando chiuderò questo paragrafo, non ci sarà un’altra occasione, la guardia non sarà un’altra volta bassa, non sarò di nuovo scoperto. Era stato un attimo, uno di quegli attimi in cui le cose ti prendono alla sprovvista, dove pensi di poter rifiatare un istante, dove credi che nulla verrà a disturbare a insinuarsi tra i legami della tua emotività. Un portiere di un albergo che ti domanda: “desidera?”. E in quel momento le risposte che ti passano davanti sono così tante e così velleitarie, che avresti bisogno di una vacanza nella vacanza per trovare quella realmente giusta, se ne esiste una realmente giusta. Perché i desideri hanno il peso di quel bagaglio che ci portiamo dietro, quando ci guardiamo nella hall nel riflesso di qualche specchio col nostro trolley degli ieri a giustificare le scelte e gli accadimenti che ci hanno accompagnato, con quel sorriso di chi sa bene quello che è stato e soprattutto sa quello che ha significato, ne conosce il valore esatto, tanto nel bene e tanto nel male. E se allora pensi che il cielo abbia sfumature di futuro, allora sì, quell’ultima possibilità puoi ancora darla, se verrà conquistata, ma il tempo stringe, la campanella suona ancora una volta ed inizia, inequivocabilmente, un altro round con la vita.

..restiamo poi nudi e più spogli di chi è nudo
e il letto è un nido caldo nella giungla
e la speranza è una notte troppo lunga
e non abbiamo neanche un volto
e non abbiamo un corpo
e tutto è sciolto nei muscoli lasciati senza forza,
due pugili sfiniti che si abbracciano..
(Claudio Baglioni – Domani mai)

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2 thoughts on “Un pensiero lasciato in disparte,

  1. E dall’angolo si potrà avere una sola risposta, perché nel combattimento, lui è il tuo unico e solo amico. E’ quello che ti sorregge, che ti dà da bere quando sei a secco, che risana momentaneamente le tue ferite per farti proseguire perché -fino a che la campanella non suona il “gong” finale- si ha sempre una possibilità di mandare K.O. l’avversario e ribaltare il tutto. L’amico che ti fa gettare la spugna, solo quando sei tu a dirlo e a chiederlo, l’appiglio a cui ti aggrappi quando sei esausto e pensi di non farcela e alla fine avrai solo quella ed unica risposta, perché tanto il resto lo devi fare tu da solo: “NON FA MALE, NON FA MALE!”

  2. Il “NON FA MALE, NON FA MALE!” e’ fantastico, perche’ la vita e’ esattamente cosi’: per quanto colpisce duro, tu, devi resistere e colpire ancora piu’ forte per essere pronto agli incontri successivi: si diventa campioni del mondo anche nel proprio viaggio, non cedendo:-)

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