Credo esista della poesia nel calcio, come quello di corse nei campetti delle chiese, tra i cortili dei palazzi, fatto di divertimento e passione e non di milioni ed interessi; con i bambini che provano ad emulare le gesta dei più grandi davanti ad un pallone che è alto la metà di loro.
Credo che la speranza sia un fattore scomodo: a volte ho la sensazione che vogliano toglierci tutto, per renderci una sorta di automi controllati dal sistema come in quel vecchio e classico libro di Orwell.
Credo che la morte sia un ingiusto capolinea, ma da una parte mi rende felice sapere che nessuno potrà sfuggirle, nemmeno chi ha arrecato evidente danno.
A volte ho paura di niente, una paura più simile ad un dispiacere. È una sensazione che irrompe dentro senza motivi apparenti: la respiro, cerco di capirla e poi la lascio andare.
Delle diverse donne che ho avuto, credo di averne amate veramente poche con tutto me stesso e credo che alcune di loro non lo abbiano né meritato e né – tanto meno – compreso. È vero che siamo portati a desiderare quello che non possiamo avere, ma è altrettanto vero affermare che l’amore sia un’altra cosa.
Ho imparato che una donna non ti lascia mai se ha il culo scoperto, ma sempre e solo quando ha un’altra strada pronta o, almeno, un’altra voglia in mente.
Schemi scontanti che si assimilano vivendo.
Credo di essere felice, sinceramente, perché non ho mai improntato il mio benessere attraverso i gesti di chi mi è vicino, ma pianificando obiettivi e raggiungendoli a poco a poco.
Non credo tu mi abbia deluso, non ne avevi più i mezzi, ma avresti potuto davvero sorprendermi e questo sì, sarebbe stato davvero suggestivo.
Credo che sia una bella notte.

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