Ogni tanto i confronti con il passato sono necessari,

qualche altra inaspettati, in un’osmosi lenta eppure inesorabile. Una mattina come tante ti connetti a Facebook e trovi un messaggio che ti sbatte in faccia un passato che non ricordavi, non nella sua completezza almeno, in cui credevi che gli errori commessi fossero genuini e che le azioni intraprese – a loro volta – fossero state comprese. Non era andata così, quella volta. Avevo ferito, infierito, ero mancato e chissà, forse, avevo anche sbagliato. In realtà – come la giri la giri – non puoi tornare indietro a rimediare, tutto è – semplicemente – ora.
Non sono la distanza e il silenzio a fare un addio.
Ci sono le bugie, quelle che raccontiamo a noi stessi e agli altri, quelle che coprono le verità che non vogliamo ascoltare o che non vogliamo raccontare per il bisogno di apparire migliori, di uscirne meglio.
Giustificazioni, quante?
Prendersi le proprie responsabilità è un fardello che non vogliamo portare.
Rammenti l’ultima volta che non hai dovuto mentire per vivere?
E una luce opaca, filtrata, era quella che s’insidiava nelle pieghe di una coperta pronta all’inverno, nel tuo abbraccio sempre generoso, sempre disponibile, pure quando poi vuoi tenere il punto, testarda, orgogliosa, figlia di principi che condividi, ma che non servono.
E quella telefonata di un amico lontano sei anni che, nonostante il tempo passato, ha lo stesso calore di allora.
A volte la vita è come una troia che domanda il grande amore.

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