La casualità: un treno preso in orario tardivo e un pezzo di passato viene a farti visita.

Ho chiuso il libro che avevo in mano, ho ritrovato parte degli ieri e mi sono immerso in ricordi che non ledono più. Continue metamorfosi. Breve carrellata sui personaggi che hanno composto la vita di allora, battute, riflessioni. Corre il tempo, forse troppo pieno, forse non esattamente nelle priorità che vorrei, ma non riesco a carpirne la consistenza in nessuna maniera, se non attraverso le borse sotto gli occhi più marcate di quando la notte faccio troppo tardi o tramite quelle lievi rughe ai lati degli stessi o, ancora, proprio constatando le varie entrate e uscite fin qui. Sono grande, non per scelta, non per voglia, non per la consapevolezza raggiunta. Ho visto e vissuto tanto, ho dato e preso tanto. Molte volte ho riso, altre ho pianto: lo zucchero in alcune occasioni può essere amaro. Cosa avrei potuto più di così? Non si riavvolge il nastro, non puoi compiere un passaggio già effettuato in maniera diversa. E inspiegabilmente ce l’ho una persona che mi “disturba” i pensieri, so che non potrebbe essere altrimenti e questo un po’ mi piace e un po’ mi coglie impreparato. Non sono nemmeno tre mesi dalla mia ultima storia e già mi trovo a percorrere una strada che mi spinge completamente altrove. L’altra sera rientrando, mi sono soffermato a pensare che se fossi stato ancora con lei avrei passato una serata totalmente diversa. Meglio? Peggio? Non so valutarlo, ma mi manca constatare che le mie malinconie sono più sporadiche di quanto sarebbe lecito aspettarsi o almeno di quanto io vorrei lo fossero. Sono sempre quello che crede che momenti di tristezza possano essere produttivi. E allora non resta che riderci su, prendere quello che c’è proprio per il buono che è, aspettando che l’altalena delle emozioni oscilli di nuovo, ora in alto, ora in basso. D’altronde i colpi di scena mi hanno sempre fregato così.

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