“In questa storia che è la mia”, la recensione!

Di tempo ne è passato tanto, tanto che nemmeno me lo ricordo, probabilmente era il giorno dei miei quarant’anni e qui, ormai, siamo ad un passo dai quarantatré, ad ogni modo non siamo qui per me, ma per il maestro ed ho scritto alcune valutazioni a caldo nella pagina dedicata a lui su Facebook per celebrare – dopo sette anni – l’arrivo di questo splendido lavoro discografico che si intitola “In questa storia che è la mia.”

Arrivato ad una trentina di ascolti, mi sono sentito pronto anche io ad approcciare una prima analisi dell’opera in oggetto. Come altri, ho aspettato la mezzanotte per poter fruire e quindi assaporare i nuovi inediti e al primo sussulto vero, nato sulle note di “Come ti dirò”, ho spento tutto perché non volevo perdermi più nemmeno un’emozione. Il giorno dopo, cuffie in testa, ho riavviato la riproduzione.

Andiamo a cominciare.

Se nel testo “Altrove e qui” mi ha toccato subito, nelle melodie mi è sembrata fin troppo una fusione di “Crescendo e cercando”, “Arrivederci o addio”, “Le vie dei colori”, “In cammino”: quelle canzoni corali – quasi folk popolare – di Claudio che amo, ma che le mie sinapsi non avvertono come “novità”e che però in un album ci stanno benissimo.
Salto a piè pari “Gli anni più belli”, che ho ormai usurato negli ascolti dall’uscito dell’omonimo film di Muccino, ma “Quello che sarà di noi” mi inchioda con un ritornello sopraffino, evoluzione di quello de “La piana dei cavalli bradi”: intenso e melodico, non c’è stato nemmeno bisogno di alzarne la tonalità per farlo arrivare. Stupendo.
Di “Un mondo nuovo” le strofe sono pura maestria, forse nascono dal finale di “Un mondo a forma di te” «Ma ci pensi com’è un mondo senza dolore / un mondo a forma di te, sulla rotta del cuore», tanta roba.
“Come ti dirò” è pura lirica confluita nel pop leggero con un testo che ha del sublime, proprio per citarla. “Uno e due” per ora, è quella che mi ha colpito meno, ha i tratti di “Sulla via di casa mia”, ma è proprio nel racconto che fa, subito prima di “Mentre il fiume va” che perde d’importanza, perché appunto, quest’ultima, con quell’inciso, ha un’altra potenza, viene di memorizzarlo e cantarlo subito, farla propria.
“Pioggia blu” è probabilmente una delle più significative dell’album, istantanee di questo amore vivo e che si sta ammalando, con un testo eccelso anch’essa e con un ritornello che sfianca il cuore. Da singolo come è da singolo “Mal d’amore” che esprime con la caparbietà di scrivere pezzi di chiusura degli amori, la sintesi delle canzoni cosiddette “sentimentali” di Claudio Baglioni e, dal mio punto di vista, in quest’album come in questa canzone, ha colto sempre, sempre i ritornelli dei singoli brani: entrano proprio in testa!
“Reo confesso” mi fa impazzire. Prendiamo “Via”, “Dagli il via”, “L’ultima cosa che farò”, Hangar, prendiamo un testo scritto come nessun altro potrebbe, argomentando sui sensi di colpa, cuciamogli addosso un vestito d’arrangiamenti pesanti e di batteria che spacca e.. che bella! Sia in macchina, sia correndo sul lungomare, su quel «Sono stato io…» sono impazzito, sparandola a tutto volume. Anche questo da singolo.
“Io non sono lì” è la “Mille giorni di te e di me” dell’album. Non solo perché alcune linee melodiche del brano vogliono citarla, ma perché è qui che l’addio si realizza dentro il protagonista della storia narrata.
“Lei lei lei lei” è l’ossessione e non so perché vi ho ritrovato qualcosa di “Opere e omissioni”. Molto piacevole, fotografa la sensazione di smarrimento e strazio che abbiamo provato tutti nella convalescenza alla fine di un amore.
“Dodici note” è un grido di ascolto alla “lei”, la richiesta di riaversi, ma anche un canto d’amore e disperazione verso il pubblico e più propriamente verso quella parte che non lo apprezza o non lo apprezza più come prima: la ricerca della pace dei consensi. Incantevole.
Infine, “Uomo di varie età” mi ha spezzato il cuore, su quella coda, con l’uscita di scena sempre dietro l’angolo, rende benissimo la presa di coscienza di un tempo che davanti ha davvero ancora poco da offrire, dove il resto è tutto alle spalle, nel tentativo di metterselo accanto perché non passi mai.
Io amo quest’album, molto più di “Sono io” e “Con Voi”, lo metto su un piano uguale, ma diverso da “Oltre, come lo sono “Viaggiatore sulla coda del tempo” e “La vita è adesso”, sicuramente sopra ad “Io sono qui” che è l’album che mi ha fatto vivere più da vicino Claudio, ma che nel tempo ho sentito invecchiare peggio.
Nota sugli arrangiamenti: Paolo Gianolio non sfigura davanti al mostro sacro Celso Valli, anzi, tutti dicevano che “Io non sono lì” fosse stato arrangiato dal primo, invece, è stato un lavoro proprio del buon Celso. Credo che sia sempre Claudio a dettare le regole, infatti, nonostante i due musici in questione siano così diversi, hanno creato un lavoro molto omogeneo.


Da acquistare senza se e senza ma e da assaporare con continuità, lentamente, come si farebbe con un piatto prelibato e tanto, tanto atteso.

Related Posts

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: